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Foto di una scena (Prof. V. Carlucci)



pubblicato da
PORRETTI Maria Grazia
(A050 - MATERIE LETTERARIE) 
30/11/2013 14:34:25

La nostra età …a teatro

La nostra età …a teatro

La rappresentazione teatrale cui abbiamo assistito il 14 Novembre 2013, è stata molto coinvolgente proprio perché gli attori si sono esibiti con una certa vena comica per non disperdere l'attenzione di noi ragazzi. Tra i tanti argomenti trattati in essa, quello che in me ha suscitato più interesse è sicuramente “l'adolescenza”, che è il tema centrale della rappresentazione. Mi ha incuriosito proprio perché coinvolge appieno noi ragazzi ma soprattutto perché tratta il rapporto da parte nostra con la società, con lo sport e soprattutto con la vita. (Lanzi Lucio)

Mi ha colpito molto il modo con cui è stato trattato l'argomento della camorra, perché è una problematica importante e che coinvolge anche inconsapevolmente gli adolescenti. (Colangelo Donato)
Per me è stata, tutto sommato, un' interpretazione gioiosa rappresentata attraverso canzoni divertenti che hanno mostrato la leggerezza dello spettacolo che era diretto ad un pubblico prevalentemente scolastico. (Sabato Angelo)

A me ha colpito molto la scena del dialogo tra il padre che dice al figlio che un uomo è colui che è laureato ma che ha con sé anche una pistola, cioè dice che nella vita bisogna avere un grado di istruzione ma anche essere sicuri di se stessi senza avere timori. (Carlucci Antonio)
L'argomento che in me ha suscitato molto interesse è quello tratto dal testo Gomorra , che affronta l’argomento della camorra che va molto considerato e su cui bisogna riflettere attentamente. (Venezia Francesco)
Questo spettacolo è stato molto bello e divertente perchè ha trattato argomenti importanti ma resi adatti alla comprensione di noi ragazzi. (Del Pomo Marco)
Purtroppo devo ammettere che non mi è piaciuto, credevo in qualcosa di meglio. Le parti dalle quali si poteva ricavare un messaggio profondo erano, a mio parere, molto limitate rispetto alla durata totale della rappresentazione, e precisamente erano soltanto i discorsi tratti dai testi che abbiamo letto in classe. (Lepore Davide)
Il messaggio che si può cogliere da questo spettacolo è la condizione che viviamo noi adolescenti che, in questa fase delicata e complessa, è molto volubile. (Di Luca Rocco)
Lo spettacolo a cui abbiamo assistito mi è piaciuto molto soprattutto perchè riguardava l'adolescenza e altri temi correlati attuali. La parte che mi ha colpito di più è stata la storia della camorra in cui il padre di Roberto, amico del protagonista, avendo soccorso con l'ambulanza un uomo ferito dalla mafia è stato picchiato. Questo fa capire che anche se si sceglie la via del bene bisogna accettarne , a volte, anche le conseguenze, compreso il dolore. (Iacovera Antonio)
Della recitazione mi ha interessato molto l’aspetto della “violenza” che alcuni adolescenti , che si inseriscono in questi ambienti e in questo clima mafioso e delle manifestazioni degli Ultras ,mostrano e che sono sicuramente dannosi . Certo non aiutano alla formazione di un cittadino e quella violenza, spesso, viene portata nelle famiglie dove si vivono, appunto, rivalità nel rapporto tra genitori e figli. (Pietrafesa Salvatore)
Questa rappresentazione teatrale è stata molto piacevole da seguire perchè trattava argomenti e problemi di attualità legati ai ragazzi. La scena che mi è piaciuta di più è quella che riassumeva la narrazione di Giuseppe Manfredi che riguardava due uomini: Vincenzo, l'accanito tifoso romano e Angelo, un agente di polizia con una moglie e un figlia. I due erano estranei l’uno all’altro , ma quando la tifoseria si scontrerà con la polizia l'evento risulterà fatale. (Albano Gerardo)
Gli alunni della 3^ A Meccanica

“Le loro adolescenze”
Dalle valutazioni espresse dai giovani allievi che hanno assistito allo spettacolo, emerge che la tipologia teatrale che gli attori – autori del teatro Anilam portano in scena e che noi seguiamo da un paio di anni, non è sempre compresa appieno dal mondo giovanile, ma neanche da quello adulto.
Il perché? Forse è dovuto al fatto che si è convinti che il linguaggio teatrale si debba esprimere nei modi scontati evocando e proponendo temi e tecniche già note o, comunque, già condivise e di successo.
Ma qui parliamo di “aria nuova”, di stimoli diversi, di proposte suggestive, forse un po’ insolite, che tentano, anche se non sempre al meglio, di coniugare brio, passione, bravura a contenuti, temi, valori.
La tematica proposta è accattivante : le adolescenze e i ragazzi , si sa, vivono la loro in modo particolarmente problematico e anomalo poichè non hanno ancora ben definito la loro personalità, sono trascinati spesso da modelli etici ed estetici più consumistici che costruttivi, densi di forme apparentemente attraenti ma povere di contenuti, sono perlopiù superficiali nei rapporti umani e si relazionano a mondi vicini a loro solo fisicamente ma distanti e incomparabili se , ad allontanarli ,di mezzo, vi sono diverse generazioni, tanto che le finalità comunicative divergono.
Questi sono solo alcuni degli aspetti emersi dall’intreccio espressivo – musicale, accompagnato da una sottile vis comica, che è stato rappresentato molto efficacemente e che ricalcava una ben assortita impalcatura letteraria - non letteraria tratta da autori del recente e remoto passato e di un sintetico e significativo presente.
E’ proprio quest’ultimo passaggio che gli adolescenti hanno colto nelle loro impressioni perché è in esso che riescono a costruire i loro indicatori formativi che, spesso, denunciano poco di etico, molto di deviante.
Gli alunni ,attraverso le loro semplici riflessioni lanciano, però, un serio messaggio: vogliamo crescere, dateci una mano, abbiate la pazienza di guidarci a comprendere ciò che ci sarà utile e onesto nel nostro futuro…
Ed è ciò che tutte le agenzie educative - famiglia, scuola, chiesa, istituzioni politiche e culturali- si pongono come finalità e compito che sono chiamate a svolgere nel loro quotidiano lavoro, attraverso i propri specifici linguaggi settoriali, compreso quello alto e nobile del teatro.
Prof.ssa Maria Grazia Porretti







Locandina incontri Cestrim



pubblicato da
PORRETTI Maria Grazia
(A050 - MATERIE LETTERARIE) 
30/11/2013 14:17:03

Rompere gli equilibri pericolosi

2° Incontro Coscienze Inquiete di venerdì 08-11-2013


Venerdì 8 novembre 2013, presso la Chiesa SS. Immacolata di Potenza, si è tenuto il secondo dei quattro incontri del progetto “Coscienze inquiete”, promosso dal parroco Don Marcello Cozzi. Siamo venuti a conoscenza di questo incontro tramite un tempestivo avviso da parte della nostra insegnante prof.ssa M.G. Porretti, la quale solo poche ore prima l’aveva appreso e ci ha dato la possibilità di assistervi: è stato questo il motivo per cui molti di noi non hanno avuto modo di partecipare all’incontro, a causa di problemi logistici e di trasporto. Era presente, quindi, un numero esiguo di ragazzi della sola classe 4°A sez. Meccanica, tra cui gli alunni Bochicchio Vito, Ciancia Stefano, Golluscio Fabiano, Mecca Lorenzo, Nolè Emanuele, Palermo Alessandro e Tramutola Antonio.


Il seguente articolo rappresenta una sintesi delle varie considerazioni espresse dagli alunni presenti.
Tale progetto, i cui incontri si tengono in varie parrocchie di Potenza, si pone l’intento di diffondere l’importanza che hanno avuto grandi personaggi, i quali, seppur nel loro piccolo, hanno provato a cambiare il mondo che li circondava. La sensibilità con cui il tema è stato trattato ha fatto sì che l’incontro risultasse molto interessante e facesse pienamente riflettere su ciò che ognuno di noi potrebbe cominciare a fare per migliorare il mondo.
Il personaggio sul quale si è discusso nel corso del convegno è stato Don Pino Puglisi, un sacerdote morto per aver spezzato” la quiete” dei movimenti mafiosi. Ad accompagnare il racconto sul sacerdote palermitano vi era la presenza di Gregorio, suo viceparroco, e di Suor Carolina Iavazzo, colei che è stata il suo vero braccio destro. In una breve introduzione, Don Marcello ha affermato che nella vita bisogna porsi degli interrogativi, poiché solo la ricerca di spiegazioni può aiutarci a crescere. In seguito ha posto l’accento sull’opera di Don Puglisi, descrivendolo come una persona che si è posta delle domande e ha cercato di darsi risposte provando a migliorare il mondo attorno a sé: egli è quindi un chiaro esempio di ciò che tutti noi potremmo fare contro le organizzazioni malavitose, soprattutto con l’aiuto della Chiesa. Dopo questa breve premessa, Suor Carolina ci ha introdotti alla visione di un video rappresentante in breve la vita del sacerdote palermitano trasferitosi nel 1990 nel quartiere Brancaccio, uno dei più martoriati dalla Mafia.
Come descritto dall’alunno Golluscio, al suo arrivo nel quartiere Don Puglisi aveva trovato una situazione pressoché tragica, dove si praticavano torture e molestie in piccoli scantinati nascosti. Inoltre, come hanno rilevato gli alunni Bochicchio e Mecca, vi erano ragazzi, anche maggiorenni, incapaci persino di leggere e scrivere: era grazie anche a questa dilagante ignoranza che la mafia aveva sotto controllo tutto e tutti.
Don Puglisi analizzò pian piano il problema e diede così avvio a un’opera di sensibilizzazione dei ragazzi, aiutandoli a crescere nel modo giusto; ma così facendo avrebbe tolto questi giovani alla Mafia, che cominciò quindi a controllarlo.
L’alunno Tramutola ha fatto notare come “3P” (ovvero Padre Pino Puglisi, così era chiamato dai ragazzi della parrocchia) fosse un uomo sempre sorridente e dalla personalità allegra, ma soprattutto era un uomo forte, che spesso girava con labbra gonfie e occhi neri, ma non aveva paura di esporre pubblicamente il suo disappunto verso la Mafia: come fanno notare Mecca e Bochicchio, il sacerdote, durante una delle sue omelie, non ebbe alcun timore a definire pubblicamente i mafiosi “vigliacchi”, poiché incapaci di mostrarsi se non dietro a una pistola.
Nella sua riflessione, l’alunno Palermo afferma che Don Puglisi era un uomo coraggioso che non si sarebbe fermato di fronte a nulla neanche quando, dopo essere stato picchiato numerose volte, le minacce di morte si fecero incombenti.
Negli ultimi tempi era conscio del pericolo in cui si trovava a causa delle sue opere benevole: quando la sera del 15 settembre 1993, ovvero la sera del suo 56° compleanno, Salvatore Grigoli decise di ucciderlo, il buon prete si volse verso di lui e, con un sorriso, accolse la morte con un semplice “Me l’aspettavo”.
Nel video è comparsa anche un’intervista all’assassino, il quale, con il volto coperto, ha dichiarato di non essere mai riuscito a dimenticare il sorriso del sacerdote e, per tal motivo, ha deciso di confessare l’omicidio (assieme a quelli di altre 46 vittime), cominciando una nuova vita sotto un’altra identità.
Suor Carolina ha argomentato il dibattito assieme ai presenti mettendo in risalto le sue personali testimonianze di quegli intensi tre anni in cui ha vissuto assieme al sacerdote. A Brancaccio persino nell’aria si avvertiva l’orrendo sapore della Mafia che, come ha sottolineato Suor Carolina, “dava pane e lavoro, ma solo a se stessa”, per questo l’opera di bene di Don Puglisi, divenuto Beato lo scorso maggio, spicca fra tutta questa brutalità. Come sottolineato da Golluscio, Suor Carolina ha concluso il discorso esortando i presenti ad attivarsi come ha fatto Don Pino Puglisi, non necessariamente seguendo le opere del sacerdote, ma facendo del bene anche nel proprio piccolo poiché, come ella afferma, “la vita è come un’ eco, dove tutto ciò che fai ti ritorna indietro”. Allora bisogna mobilitarsi poiché, come dice Baden Powell, “bisogna lasciare il mondo un po’ più pulito di come lo abbiamo trovato”.
Il dibattito è stato concluso da un intervento di Don Marcello che ha esortato la gente a non pensare che esistano preti “antimafia” e ha proposto di formare una Chiesa semplice , che deve accogliere tutti, senza
mostrare favoritismi, ad esempio, per le autorità: tra di noi siamo tutti fratelli e sorelle e, pertanto, dobbiamo aiutarci l’un l’altro, proprio come ha fatto il Beato don Pino Puglisi ( Ciancia Stefano).
Gli alunni della 4^ A Meccanica

Rompere gli equilibri pericolosi…
In un climax…ascendente, fatto di emozione, pathos e calore umano, siamo stati coinvolti tutti noi quella sera li dell’8 Novembre, nella parrocchia Maria S.S.Immacolata nel bel noto rione Cocuzzo o, potentinamente “ Serpentone”, per ascoltare due testimoni eccellenti: don Gregorio Porcaro e suor Carolina Iavazzo ,rispettivamente viceparroco e stretta collaboratrice di don Pino Puglisi, il sacerdote ucciso dalla mafia il 15 Settembre del 1993 a Palermo.
E non è perché don Bertolone, vescovo postulatore della causa di beatificazione del sacerdote morto in un luogo simbolico, vicino alla chiesa della quale era parroco, proprio nel suo 56° compleanno ,ha profuso tanto impegno per ottenere il suo alto e nobile scopo spirituale ,che don Pino è passato alla storia.
Il suo martirio ha ben altre cause e stigmatizza un percorso di vita spesa per gli altri : le sue quotidiane sfide ai poteri occulti e palesi, alla difesa della dignità umana sempre più calpestata, a “scomodare” gli affari di cosa nostra, potrebbero apparire gesti straordinari e coraggiosi ma, a suo dire, non erano altro che le ordinarie scelte di un prete di “strada”.
Dalle pacate e lucide parole di suor Carolina emerge il profilo di un uomo affatto bigotto, non banale nei gesti, chiuso tra l’altare e la sacrestia che non ha delegato nessuno a vivere la sua appassionata fede, ha spezzettato la “parola di Dio” con i peggiori, i reietti della società cosiddetta “ perbene “, perfino con il suo carnefice e che ha pagato di persona la sua resa di verità al vangelo.
A conclusione, don Marcello Cozzi, presidente del Centro Studi e Ricerche sulle Realtà Meridionali, nonché vicepresidente di Libera, spiegando i motivi che lo hanno spinto a organizzare l’iniziativa e, giocando con le parole, ha auspicato un fiducioso rinnovamento delle risorse umane che non si meraviglino più di chi si “meraviglia” delle cose “normali” che fanno coloro che compiono “cose ordinarie”.Essi sono semplicemente “uomini”, altro che “santi”, uomini fino in fondo, anzi fino in cima, questa è la Chiesa che ci piace!
Ed è proprio tale occasione culturale verso cui ho indirizzato i miei “figli didattici”, la prima delle tante che seguiranno in un così ben pensato percorso formativo oltreché informativo,che mi ha dato l’opportunità di condividere con loro momenti così intensi e speciali. Credo proprio che gli stimoli emersi servano a pungolare i nostri allievi che dovranno essere “disturbati” e “scomodati “ dalla loro sonnolente vita quotidiana, fatta di monotone e, a volte, poco edificanti consuetudini, affinché venga scomposta la loro apparente quiete, così incredibilmente costruita e difesa da un mondo adulto patinato e tipicamente accomodante e iperprotettivo.
Dovranno capire e rendersi conto che se vogliono costruire il loro futuro dovranno seriamente prepararsi apprendendo l’arte del buon vivere semplicemente curando responsabilmente la propria vita che nella molteplice complessità della sua struttura va continuamente riempita di autentici “valori etico-culturali”
che dovranno necessariamente prendere il posto degli “idoli”insignificanti e passeggeri cui essi sono tanto legati.
Prof.ssa Maria Grazia Porretti




 

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